Riportiamo un’ intervista a un giovane paziente che racconta la sua esperienza e il suo rapporto con questo “ospite indesiderato”.
1. Quanti anni hai? Da quanto tempo sei sieropositivo? Come l’hai scoperto?
Sono un giovane sieropositivo, ho 23 anni. L’ho scoperto circa un anno fa effettuando esami di controllo che ero solito svolgere ogni sei-sette mesi. Il momento in cui ti viene comunicato il risultato del test credo sia oggettivamente uno dei momenti più difficile della propria vita, aggravato dal fatto di doverlo comunicare ai propri familiari.
2. Il tuo rapporto con l’ambiente/personale ospedaliero?
Il personale medico è necessariamente il punto di riferimento più immediato da utilizzare come strumento di prima conoscenza. Il rapporto con loro è più che buono ed anche l’ambiente sanitario che frequento assiduamente è molto accogliente. Fin dall’inizio ho ricevuto importanti attenzioni da parte dell’equipe medica, un costante ed approfondito interesse per il mio problema e non si sono presentate problematiche significative che mi abbiano potuto turbare. Per fortuna, oggigiorno nel nostro paese, non mancano le risorse necessarie per il sostentamento sanitario nei confronti dei pazienti sieropositivi.
- Sei seguito da uno psicologo?
Credo che il sostegno psicologico sia di grande utilità per sciogliere le paure iniziali legate alle ripercussioni sociali della malattia. Ho affrontato, in quest’anno, un percorso di psicoterapia, che mi ha fatto superare alcune problematiche strettamente annesse alla consapevolezza di avere tale patologia. Rimozione, negazione, rabbia e conseguente accettazione del proprio stato sono tappe obbligatorie. Ed è proprio in quei momenti che avverti la necessità di un appoggio psicologico, magari fornito dalla struttura di ricovero stessa. Non solo, in quei momenti tutto aiuta, anche il confronto con altri sieropositivi, tramite blog o siti dedicati, che hanno già vissuto il trauma della conoscenza.
4. Il senso di colpa e vergogna associati alla malattia: li vivi? ti nascondi?
Non ho vissuto particolari momenti di vergogna e di disagio, ma, soprattutto all’inizio del problema, fui il primo a sentirmi in imbarazzo, senza alcun motivo. Non è facile sbandierare al mondo di essere sieropositivi e oggi credo non sia necessario.
Allo stesso momento, sono convinto sia doveroso combattere con forza i pregiudizi tutt’oggi legati a questa malattia, al comune pensiero che in fondo “te la sei andata a cercare”- legato soprattutto al fatto che la patologia si trasmetta principalmente per via sessuale. Ritengo che le campagne di sensibilizzazione siano davvero molto importanti ad abbattere le barriere del pregiudizio: l’informazione è l’unica via per combattere l’ignoranza. E noi stessi, con le nostre esperienze di vita, dobbiamo essere strumento d’informazione; quindi, perché nascondersi?
5. Il tuo rapporto con i farmaci?
Sono sempre stato un po’ restio ad assumere farmaci, soprattutto perché si è costretti a rispettare orari rigidi e bisogna evitare ogni tipo di errore di assunzione. È una responsabilità che a 23 anni non sei ancora disposto a prenderti, che influisce notevolmente sul proprio stile di vita. Ovviamente ho dovuto ricredermi, trattandosi di farmaci salvavita.
6.E il tuo rapporto con gli altri come è cambiato?
Per fortuna nulla è cambiato. Sono ancora circondato dalle stesse belle persone che mi circondavano prima di scoprire la malattia. I problemi maggiori si riscontrano nei rapporti personali, ma con la persona giusta tutto prosegue per il meglio.
7.La tua famiglia?
La mia famiglia mi è stata sempre molto vicino. Non mi sono mai sentito solo.
8.Malattia e corpo e, di riflesso, malattia e sesso: è cambiata la percezione del corpo? hai avuto problemi col sesso?
Sicuramente è cambiata la percezione del mio corpo, che controlli periodici attestano non essere più indistruttibile. Dopo aver scoperto la malattia per me era molto difficile avere rapporti, soprattutto perché era indispensabile far presente al partner il mio problema. Ora sono più sereno e prendo le giuste precauzioni.
9.Discriminazionene: sei stato oggetto?
No, per fortuna fino ad ora non ho mai vissuto discriminazioni dirette nei miei confronti in quanto soggetto sieropositivo.
10.Le associazioni: cosa ne pensi, cosa vorresti facessero?
Le associazioni qui in Puglia sono un vero tabù. Sarebbe opportuno abilitare dei veri e propri centri di ritrovo e di ascolto, utile strumento di supporto per alleviare il disagio derivante dalla scoperta della propria condizione. Corretta informazione nel sociale, mediazione per fare valere i nostri diritti e, soprattutto, campagne di sensibilizzazione verso l’esterno in modo da rendere questa patologia sempre meno una malattia da temere a livello sociale.
11.A quali compromessi ti costringe la malattia?
Nessun compromesso fino ad ora.
12.Qual è stato il momento più duro da quando sei sieropositivo?
Doverlo dire al mio ragazzo; è difficile evitare di sentirsi responsabili di aver potuto ferire qualcuno che ti sta molto a cuore.
13.Qual è il tuo rapporto con gli altri sieropositivi? Cosa sopporti meno di loro, e cosa provi quando uno di loro ci lascia?
Il mio ragazzo è sieropositivo, quindi ottimo direi.
14.Hai speranze in una cura?
Sono fiducioso che un giorno la ricerca arriverà alla giusta soluzione di un vaccino, che possa sostituire le terapie farmacologiche.
Giulia Negro